a cura di Studio Iniziativa
Il governo sta valutando una riorganizzazione complessiva del sistema di incentivi a favore delle imprese, con l’obiettivo di semplificare l’accesso alle agevolazioni e garantire maggiore continuità agli investimenti. In questo quadro, è allo studio un accorpamento dei crediti d’imposta legati ai piani Transizione 4.0 e Transizione 5.0, che fino ad oggi hanno seguito logiche e requisiti parzialmente differenti.
Dal 4.0 al 5.0: continuità e differenze
Il Piano Transizione 4.0, avviato alcuni anni fa, ha avuto come finalità principale la digitalizzazione dei processi produttivi e l’adozione di tecnologie abilitanti come l’automazione, l’IoT industriale e l’intelligenza artificiale applicata alle filiere manifatturiere.
Con il successivo Piano 5.0, il perimetro degli incentivi si è ampliato, includendo anche investimenti in efficienza energetica e sostenibilità ambientale, in coerenza con gli obiettivi europei di decarbonizzazione e con il quadro del PNRR.
Questa differenza ha però comportato una frammentazione delle regole, con vincoli stringenti e procedure spesso complesse che hanno limitato la piena fruizione dei crediti disponibili. Molte imprese, soprattutto le PMI, hanno trovato difficoltà a soddisfare i requisiti tecnici richiesti dal 5.0, rallentando così l’attivazione dei progetti.
L’idea dell’accorpamento
Per superare queste criticità, l’esecutivo intende proporre una misura unificata, capace di inglobare i benefici di entrambi i piani, mantenendo i principi cardine di innovazione tecnologica e sostenibilità, ma con maggiore flessibilità. L’ipotesi è quella di un credito d’imposta unico per gli investimenti in beni strumentali, ricerca e sviluppo, digitalizzazione e progetti green, con una semplificazione delle procedure di rendicontazione.
La nuova misura dovrebbe garantire continuità agli incentivi, evitando stop-and-go che hanno caratterizzato gli ultimi anni e scoraggiato la programmazione a lungo termine da parte delle imprese.
Obiettivi attesi
Con l’accorpamento, il governo punta a:
- Rendere più semplice l’accesso alle agevolazioni, soprattutto per le piccole e medie imprese che rappresentano la maggioranza del tessuto produttivo italiano.
- Concentrare le risorse su un unico strumento, riducendo la dispersione e migliorando l’impatto complessivo sulla competitività.
- Favorire investimenti stabili in innovazione, digitalizzazione e sostenibilità, senza barriere burocratiche eccessive.
- Allineare l’Italia alle politiche europee, che richiedono un forte impegno sulla doppia transizione digitale ed ecologica.
Le criticità da affrontare
Non mancano tuttavia le incognite. La prima riguarda la copertura finanziaria: i crediti d’imposta hanno un impatto significativo sui conti pubblici e sarà necessario stabilire limiti di spesa o criteri di priorità. Inoltre, resta da definire come verranno trattati i progetti già avviati sotto il regime 4.0 o 5.0 e se sarà prevista una fase transitoria.
Altro nodo riguarda la differenziazione dei benefici: alcune associazioni imprenditoriali chiedono che vengano mantenuti incentivi più forti per investimenti ad alto contenuto tecnologico o a maggiore impatto ambientale, evitando che la fusione riduca la spinta verso l’innovazione di frontiera.
Prospettive future
Se l’accorpamento verrà realizzato, il nuovo pacchetto 4.0- 5.0 rappresenterà un tassello importante per la politica industriale italiana. Una misura unica, chiara e stabile, potrebbe attrarre nuovi investimenti, sostenere la modernizzazione delle imprese e rafforzare la competitività del Paese sui mercati internazionali.
La sfida sarà trovare un equilibrio tra semplicità e selettività, evitando che l’allargamento della platea riduca l’efficacia degli incentivi e garantendo che le risorse pubbliche siano effettivamente orientate a progetti di valore strategico.
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Tratto dalla rivista Green Company Magazine (volume 20) – vedi anche tutti i numeri della rivista
