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Comunità energetiche: Italia in ritardo clamoroso

Ma le eccellenze ci sono. Veronica Pitea: “Un esempio su tutti? Il Comune di Magliano Alpi

Le comunità energetiche possono diventare un fiore all’occhiello anche dei centri italiani più piccoli, nonostante gli ostacoli e le difficoltà. Ne è convinta la presidente ACEPER Veronica Pitea, che cita come modello di amministrazione civica eccellente dal punto di vista delle rinnovabili il piemontese Comune di Magliano Alpi (Cuneo). Sicuramente un esempio positivo, la prima Comunità Energetica d’Italia inaugurata in seguito al Decreto Milleproroghe del 2020, con un impianto fotovoltaico da 20 kWp installato sul tetto del palazzo municipale che copre i consumi di biblioteca, palestra, edifici scolastici e residenze private e che si sta progressivamente sviluppando e ampliando: “È una realtà piccola, ma una vera eccellenza per l’energia rinnovabile in Italia: questo fa capire che tutti possono ottenere certi risultati e non c’entra nulla il discorso del divario tra Nord e Sud o della grandezza delle città”. Addirittura, la Energy City Hall di Magliano è stata individuata dall’Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) come best practice da esportare in Europa.

“Dipende tutto da come si gestiscono le Comunità – continua Pitea – in Italia, spesso male per mancanza di informazioni e manutenzione. Lo Stato ha le sue colpe perché c’è un ritardo clamoroso nell’uscita del Decreto “CER-Comunità Energetiche Rinnovabili”, che sarebbe dovuto partire l’anno scorso ma lo stiamo ancora aspettando. Per questo non parlerei di mancanza di efficienza da parte dell’amministrazione pubblica, quanto più di mancanza di informazioni che giungono ad essa e, soprattutto, mancanza di decreti attuativi da parte del Governo.

Ben 63 comuni sono pronti a partire con il progetto CER e anche ACEPER ha centinaia di pre-incarichi pronti. Ma bisognerà capire quanti di questi si trasformeranno in solide realtà perché prima dobbiamo capire come lavorare, sulla base di quali criteri. Il mercato in generale è in stallo perché tante aziende sono in attesa dei bandi del PNRR: quanto si allocherà per il mondo dell’efficienza energetica in generale e, in un secondo momento, quanto per le CER nel particolare?”.

Allo stato attuale, secondo dati del dossier “I blocchi allo sviluppo delle comunità energetiche” di Legambiente su 100 comunità energetiche mappate fino a giugno 2022 su comunirinnovabili.it, appena 16 sono riuscite ad arrivare a completare l’iter di attivazione presso il GSE e di queste solo 3 hanno ricevuto i primi incentivi statali.

Il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica ha avviato l’iter con l’Unione Europea sulla proposta di decreto che incentiva la diffusione di forme di autoconsumo di energia da fonti rinnovabili. Il documento dovrà ora attendere il via libera della Commissione Ue necessario per l’entrata in vigore. “Il testo – ha spiegato il ministro Gilberto Pichetto Fratin – è uno strumento coerente con il doppio obiettivo di questo governo: la decarbonizzazione entro il 2030 e l’autonomia energetica. La ricchezza dell’Italia sono le sue comunità. Il decreto le pone al centro di una strategia volta a produrre e consumare energia da fonti pulite risparmiando sui costi delle bollette. Se sapremo svilupparle come sistema Paese le Comunità Energetiche si riveleranno un’enorme fonte di sviluppo economico sostenibile e di coesione sociale”.

La proposta è incentrata su due misure: un incentivo in tariffa e un contributo a fondo perduto. I benefici previsti riguardano tutte le tecnologie rinnovabili, quali ad esempio il fotovoltaico, l’eolico, l’idroelettrico e le biomasse. Chi vorrà associarsi in una configurazione di autoconsumo potrà ottenere una tariffa incentivante sulla quota di energia condivisa da impianti a fonti rinnovabili.

La potenza finanziabile è pari a complessivi cinque gigawatt (GW), con un limite temporale fissato a fine 2027. Riguarderà invece solo le comunità realizzate nei comuni sotto i cinquemila abitanti la misura che permette l’erogazione di contributi a fondo perduto fino al 40% dell’investimento.


Tratto dalla rivista Green Company Magazine (volume 10) – vedi anche tutti i numeri della rivista