';
side-area-logo

L’energia al centro del piano di sviluppo

Ci eravamo lasciati affrontando con uno sguardo panoramico il tema della transizione ecologica, osservandolo a tutto tondo nelle sue differenti sfaccettature, che lambiscono ambiti apparentemente e concettualmente slegati, almeno fino ad ora. Il 12 novembre 2021 a Glasgow si sono conclusi i lavori della COP26, la conferenza sul clima organizzata annualmente dalle Nazioni Unite, nell’ambito della Conferenza quadro sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC). Il principale obiettivo individuato dalla conferenza era incentrato sulla mitigazione, ovvero azzerare le emissioni nette entro il 2050 e contenere l’aumento delle temperature non oltre 1,5 gradi, accelerando l’eliminazione del carbone, riducendo la deforestazione ed incrementando l’utilizzo di energie rinnovabili.

Per la prima volta viene riconosciuto che l’obiettivo delle politiche climatiche deve essere quello di mantenere la temperatura globale entro un aumento massimo di 1,5°C rispetto all’epoca preindustriale. Solo 6 anni fa, con l’Accordo di Parigi, ci si era preposti come obiettivo di contenere l’aumento delle temperature entro i 2°C: essere riusciti ad inserire un riferimento molto più stringente è uno dei risultati più importanti della COP26 e aver inserito un tale riferimento implica che le politiche climatiche, messe in atto dai diversi Paesi, dovranno essere aggiornate e rinforzate.

In ambito nazionale, già nel mese di luglio 2021, il ministro della Transizione Ecologia Roberto Cingolani in audizione al Senato aveva licenziato il nuovo PNIEC – Piano Nazionale Integrato Energia e Clima 2030, integrando il testo presentato all’Unione Europea nel gennaio 2020 e alzando, di fatto, l’asticella dell’incremento di produzione di energia rinnovabile: se nel vecchio testo era prevista la realizzazione di 39 GW di impianti alimentati da fonti rinnovabili, la nuova proposta innalza l’obiettivo a 60 GW, focalizzando l’attenzione sul fatto che tale aumento sarà ripartito sia a carico delle rinnovabili programmabili (idroelettrico, bioenergie, geotermia) che non (fotovoltaico ed eolico), con le seconde pronte a giocare la parte del leone. La vera svolta, tuttavia, ha avuto la propria epifania con il Decreto Legislativo n. 199 del 8 novembre 2021 meglio noto come Decreto RED II, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 1 dicembre ed entrato in vigore il 15 dicembre 2021.

Il cambio di paradigma annunciato è qui, ora. La norma non solo recepisce integralmente gli obiettivi definiti dalla Direttiva UE 2018/2001 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, ma integra al suo interno le disposizioni del PNIEC modellandole all’utilizzo dei finanziamenti europei derivanti dal PNRR. Le 166 pagine che compongono il decreto e i relativi allegati costituiscono contemporaneamente la summa e le basi della transizione energetica che permeerà tutti gli aspetti del mondo che ci circonda, entrando fin nel quotidiano. Andiamo per ordine. Il Decreto RED II ingloba al proprio interno tanto il contenuto del FER II, che era atteso per agosto 2021, tanto il recepimento definitivo della Direttiva UE 2018/2001 (RED II) in tema di comunità energetiche e autoconsumo condiviso.

Gli articoli 4 e 5 del nuovo decreto ripropongono, a tutti gli effetti, il meccanismo incentivante definito nel DM 04/07/2019, meglio noto come FER I: fino ad esaurimento dei contingenti di potenza non ancora assegnati, resterà quindi valido il meccanismo di accesso diretto alle tariffe incentivanti per gli impianti cosiddetti di “piccola taglia” (potenza inferiore a 1 MW) che abbiano costi di generazione vicini alla competitività di mercato (ovvero, nella logica del capacity market, tutti gli impianti per cui si definisca un prezzo di vendita dell’energia, dato dal rapporto tra costo di realizzazione e la capacità produttiva, contenuto per i consumatori del mercato italiano), mentre quelli meno competitivi sotto 1 MW avranno accesso ai registri e quelli con potenza maggiore di 1 MW accederanno agli incentivi con il meccanismo delle aste al ribasso, i cui criteri saranno definiti attraverso i decreti attuativi, da definirsi entro 180 giorni dall’entrata in vigore del Decreto RED II.

La vera novità riguarda la definizione delle cosiddette aree idonee all’installazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, per le quali è attribuito un coefficiente di accesso prioritario, tanto per l’accesso diretto agli incentivi, quanto per i registri e le aste. Il non aver ampliato i contingenti di potenza disponibili ai fini dell’assegnazione degli incentivi, pur a fronte dell’innalzamento a 60 GW di potenza complessiva di impianti alimentati da fonti rinnovabili, pone l’attenzione su quanto si stia puntando in direzione della promozione dei sistemi di accumulo e del consumo locale dell’energia. La definitiva spinta in questa direzione, iniziata con gli incentivi derivanti dal Superbonus 110% che tra gli interventi trainati prevedeva massimali fino a 1.000 Euro/ kWh per capacità di accumulo delle batterie, è arrivata con l’abolizione del meccanismo dello Scambio sul Posto – SSP: dall’approvazione del decreto non è più possibile attivare questo tipo di convenzione di vendita dell’energia e dal 1 gennaio 2025 dovrà avere avvio la progressiva conversione degli impianti realizzati in SSP verso impianti in autoconsumo.

A cura di Meg Contractor | www.megcontractor.eu


Tratto dalla rivista Aceper impresa green (volume 5) – vedi anche tutti i numeri della rivista.

CONSIGLIATO
  • Facebook
  • Twitter
  • LinkedIN
  • Pinterest
CONDIVIDI